La riflessione sui fenomeni legati alla povertà, allo sfruttamento e alla violenza sulle fasce deboli e in particolare sulle donne coinvolge chiaramente la questione delle pari opportunità. Il discorso si fa chiaramente ampio e difficile. Non ritengo opportuno delinearne lo sviluppo in questa sede . Mi pare però importante far rilevare che questioni e problemi di questo tipo chiedono evidentemente un confronto più ampio di quello nazionale, visto che molte di queste situazioni sono chiaramente indotte dal contesto di globalizzazione che stiamo vivendo.

In particolare la realizzazione di condizioni di diritto e di tutela sociale diffuse e il più possibile omogenee sembra essere un’esigenza di fondo anche per evitare le condizioni di forte squilibrio economico, giuridico e sociale che favoriscono i fenomeni negativi e perversi sopra ricordati.

Il ricorso, tuttavia, al discorso delle pari opportunità e il tentativo di elaborarne la Magna Charta, alla stregua della carta dei diritti fondamentali della persona non sembra essere la sola via possibile e comunque, pur necessaria, non pare sufficiente.

Proprio la vicinanza alle persone che vivono questi drammi e subiscono queste ingiustizie con il desiderio non solo di assisterle, ma anche di aiutare la società ad attuare comportamenti virtuosi e giusti che permettano loro di assumere un ruolo propositivo e attivo nella società, permette di porre alcune riflessioni più fondamentali che vorrei suggerire e che rinviano al fenomeno della secolarizzazione, come mediazione pratica tra il sacralismo e l’indifferentismo.

Senza entrare nel dettaglio, possiamo però constatare che i fenomeni a cui ci riferiamo sono perpetrati proprio in comunità che affermano fortemente i diritti della persona. Anzi sembra che questi fenomeni non conoscano diminuzione, ma traggano alimento proprio dalla percezione immediata di una disparità di dignità tra le persone con particolare riferimento alle situazioni culturali di tipo superficialmente etnico.

 Concretamente nel vissuto quotidiano e nella mentalità irriflessa alcune persone vengono classificate secondo criteri di casta e perciò sfruttabili.

Fenomeni di questo tipo sono sempre stati presenti nelle società umane, ma oggi risultano teoricamente difficili da capire, proprio perché la coscienza culturale e civile diffusa ha maturato l’idea della sostanziale parità di diritti e di dignità delle persone.

Oltre al problema della coscienza etica, la cui formazione è sempre un compito e quindi esposta ai rischi della trasgressione e della simulazione, oggi sembra che assistiamo al fenomeno diffuso dell’offuscamento della percezione dei valori e della loro “evidenza” razionale e civile a livello di capitale sociale, ossia a livello di costituzione delle evidenze etiche che creano il collante dell’identità culturale e sociale.

 Parallelamente a questo fenomeno di offuscamento, spesso camuffato dietro l’emotiva rivendicazione dei diritti personali, assistiamo al fenomeno della necessità di ribadire e ricercare norme di tipo legalistico e contrattuale che si impongano in ragione della loro formalità. Il risultato di questa situazione è il proliferare delle leggi e la loro frammentazione casistica, cui non corrisponde necessariamente un aumento di civiltà.

Il riferimento di queste norme è quello del confronto contrattuale e quello di una formulazione ideologica dei valori di fondo, sui quali non sembra oggi possibile trovare condizioni di confronto dialettico e sintetico, se non in modo rivendicativo.

Va qui ricordato che l’etica non si identifica con i precetti e quindi con l’obbligazione, pur esigendoli. Gli sviluppi maturati nell’esperienza della cooperazione internazionale, dove occorre stabilire e contrattare i riferimenti valoriali condivisi prima di avviare relazioni di cooperazione economicamente e giuridicamente importanti, sono in questo caso molto significativi.

Il caso delle pari opportunità è tipico di questo fenomeno. Infatti il ribadire l’esistenza di pari opportunità tra uomo e donna e il tentativo di proporre comportamenti che le attuino esige un serio confronto sulle reali dimensioni di parità di cui si parla. In questo tema sono in gioco fenomeni umani molto profondi che investono la percezione simbolica della corporeità, del cui senso l’uomo non dispone. Per cui sapere che cosa sia mascolinità e che cosa si  femminilità comporta decisioni libere che coinvolgano l’agire delle persone nella concretezza delle condizioni storiche. Essere uomo e donna è un compito sempre aperto e sempre dato alla libertà, più che dimensioni conoscibili a parte e applicabili secondo regole giuste.

Nel contesto culturale odierno, l’esasperazione della dimensione del desiderio soggettivo, reso possibile dall’informalità e dalla pervasività delle relazioni sociali e tecnologiche, espone i comportamenti relazionali all’arbitrarietà e al formalismo del sistema di sicurezza, a grande voce richiesto come sistema di “vigilanza” e di sicurezza estrinseca all’impegno etico di ogni soggetto. L’esempio tipico è quello dell’esigenza della video sorveglianza estesa a tutti gli spazi pubblici per garantire il controllo e l’imputabilità provata degli eventuali reati, ma insieme, una volta elusa tale sorveglianza, si allarga la diffusione di comportamenti trasgressivi e arbitrari con l’illusione dell’impunibilità.

La situazione culturale che viviamo oggi sembra più esposta che in passato all’affermazione retorica dei diritti, a cui non corrisponde l’impegno etico personale di assunzione degli stessi per una comune identità valoriale, verso al quale si è in debito per il fatto di essere uomini.

Questa dimensione viene favorita dall’omogeneità dei comportamenti sociali e culturali (dimensione etnica), per cui l’odierno contesto sociale caratterizzato da frammentazione e differenziazione culturale, sociale, di razza e di genere espone maggiormente all’abuso delle persone in situazione di svantaggio.

Il partire dagli ultimi e l’attivare esperienze significative di reinserimento e di coinvolgimento ci ha insegnato la necessità di mettere in rete atteggiamenti e istaurare convincimenti sociali e civili di maggiore coinvolgimento etico. Per procedere in questo percorso l’attenzione alle dimensioni interculturali e al confronto istituzionale risultano essenziali perché l’azione di prossimità non isterilisca in un assistenzialismo senza prospettive.

Più in particolare segnalo la necessità di un confronto che permetta la reale percezione dei costi sociali ed economici, oltre che etici e personali, suggerisce un costante cambiamento della società e soprattutto del patto sociale su cui si costruisce la cittadinanza, intesa come disposizione etica delle persone e come valorizzazione del patrimonio culturale e istituzionale di una società. Ma questo deve avvenire senza cadere nell’inganno dell’ideologia.

Stare dalla parte degli ultimi e vivere con loro permette appunto di evitare questo pericolo.

Bergamo, 18 gennaio 2008.

d. Maurizio Gervasoni